Un acceleratore di particelle per rilanciare sanità ed economia a Rieti

17/08/2018

LETTERA APERTA DI NOME OFFICINA POLITICA AL PRESIDENTE DELLA REGIONE LAZIO, PARLAMENTARI REATINI, SINDACO DI RIETI, DIRETTORE ASL

“In caso di ictus rivolgersi al Gemelli”, recitano in questi giorni gli organi di informazione locali. L’inseguimento della emergenza è divenuto una paradossale routine all’OGP di Rieti, mentre, a due passi, l’ospedale di Terni sopravvive bene e, in questa Estate, accoglie mobilità ospedaliera da Rieti, a tutto beneficio delle casse regionali dell’Umbria.

La momentanea interruzione dei servizi della Stroke Unit (ICTUS!!) ci consente di riportare alla memoria l’accordo Umbria Lazio sulla mobilità sanitaria, siglato tra Zingaretti e Marini il 9 gennaio 2015 a Terni, con specifico riferimento alle zone di confine regionale: Rieti, Terni, Viterbo.

Di fatto gli assurdi meccanismi del regionalismo sanitario oltre che non risolvere, aggravano in molti casi il problema dello spreco di risorse, tanto più nelle aree periferiche come quella di Rieti. Questo accordo poteva essere un segno di novità e buona amministrazione, in un panorama nel quale le regioni virtuose non hanno interesse che lo diventino anche le altre (una concorrenza sulla pelle dei cittadini), ed in cui le istituzioni centrali hanno perso il controllo sulla sanità anche su cose fondamentali , come la trasparenza dei prezzi ed i livelli essenziali di assistenza.

Ricordiamo i punti salienti dell’accordo tra Zingaretti e Marini.

  • individuare le reti di servizi da riorganizzare in modo integrato in ambito sovraregionale;
  • garantire la regolazione e la facilitazione di accesso alle prestazioni dei pazienti dell’altra Regione;
  • definire criteri di appropriatezza comuni per l’accesso alle prestazioni sanitarie nei diversi regimi assistenziali;
  • prevedere la mobilità di equipe di professionisti di una regione nelle strutture dell’altra;
  • rivalutare la rete dell’emergenza nelle zone di confine al fine di far afferire le urgenze/emergenze alla struttura ospedaliera più accessibile;
  • prevedere attività su specifici progetti per favorire l’integrazione fra professionisti dell’area territoriale e specialistica delle due regioni

A distanza di due anni e mezzo dall’accordo, pare evidente che tutto sia rimasto su carta, mentre l’Ospedale di Rieti continua a essere smontato a pezzi e addirittura va in crisi per l’assenza di un anestetista(!). Mentre ritorna nel cassetto la discussione sulla possibilità di un nuovo ospedale, in attesa del necessario coinvolgimento del nuovo Governo.

Nuovo o vecchio (noi auspichiamo nuovo, a due piani, adiacente a quello vecchio che potrebbe essere ristrutturato per ospitare il polo universitario Sabina Universitas collegato a La Sapienza) la sanità reatina va rilanciata. Deve essere orgoglio dei pazienti reatini e diventare un volano anche per l’economia locale: una sanità fondata su eccellenze diagnostiche e terapeutiche che attraggano pazienti da altre città del Lazio (inclusa Roma) e non solo.

Un esempio? Perché non un centro di protonterapia (innovativa tecnica per cure antitumorali)? Rieti ha avuto eccellenze sanitarie in passato ma le politiche sanitarie regionali le hanno uccise ed oggi quei pochi bravi medici che approdano a Rieti, capiscono subito che aria tira e scappano. Con servizi sanitari di alto livello, i pazienti sarebbero magari disposti volentieri a pagare il parcheggio. Non è un sogno irrealizzabile, i soldi sono già stanziati! La ASL è il primo datore di lavoro della città: la politica non può non preservarla e potenziarla. Perse le aziende del fu nucleo industriale, se perdiamo anche la ASL e l’ospedale Rieti muore. Non ci vuole tanto a capirlo.

Progettare un centro di protonterapia in un ospedale nuovo costa molto meno che modificare un ospedale esistente (serve infatti un vero e proprio acceleratore di particelle che richiede ampi spazi). Avrebbe molto più senso farlo a Rieti che a Roma, per una questione quindi economica, ma anche di accessibilità e costo/qualità della vita dei pazienti in terapia e dei loro familiari. Il bacino di utenza sarebbe il centro sud Italia (due centri sono già presenti nel nord, Trento e Pavia) ed il trattamento non è acuto: che senso avrebbe farlo eventualmente a Roma?

Per i pazienti romani, basta collegare Rieti con i treni bimodali (dopo anni annunciati, ma ancora non acquistati dalla Regione Lazio): meglio un’oretta sul treno che nel traffico ormai fuori controllo della capitale. Per i pazienti umbri e dell’Italia Centrale, un faro di eccellenza in un contesto ambientale di alto livello.

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