La Regione Molise avvia il 16 Settembre il bando per il “Reddito di residenza attiva“, ovvero 700 euro mensili per chi prende la residenza in un comune della Regione e vi apre un’attività per almeno cinque anni, con un domicilio reale e l’effettivo svolgimento di una attività economica sul territorio.
Si tratta di una misura – finanziata dal Ministero dello Sviluppo con 1 milione di Euro – che sia pur parziale è un tentativo concreto di mettere mano allo spopolamento delle aree montane dell’Appennino attraverso un incentivo al trasferimento dai grandi ai piccoli centri ed all’immigrazione di ritorno.
Come racconta l’ultimo rapporto Svimez, quello della decrescita demografica è una dinamica che determina una prospettiva assai preoccupante, che riguarda in particolare i piccoli centri sotto i 5 mila abitanti, del Mezzogiorno (in cui ormai gli indicatori economici suggeriscono di includere anche Rieti), ma non solo.
Un improprio ma efficace raffronto fra il Molise e la Provincia di Rieti, racconta:
Molise: 305 mila residenti al 31 dicembre 2018, una decrescita di circa 15 mila persone tra il 2001 e il 2018. 100 comuni molisani su 136 con meno di 2 mila abitanti.
Provincia di Rieti: 155.500 residenti al 31 dicembre 2018; dal 2013 al 2018 ha perso 4.500 abitanti, di cui 1.200 nel Montepiano Reatino, circa 700 in Sabina; sempre negli ultimi 5 anni, il tracollo demografico racconta, nelle aree più interne:
- Amatriciano: – 8,1% residenti
- Alta Valle del Velino: – 10,9% residenti
- Parco e Cicolano: – 8,7% residenti
- Leonessa: – 7,6% residenti
Su 73 comuni della Provincia, 69 hanno meno di 5000 abitanti, 54 meno di 2000 abitanti
Fatte queste premesse, secondo NOME Officina Politica è necessario che la Regione Lazio apra una urgente riflessione sul ruolo e sostegno delle aree interne, anche iniziando dalla proposta molisana, per puntellare i danni di un terremoto a bassa intensità in atto ormai da anni.
Infatti non è possibile pensare agli incentivi fiscali istituiti dal MISE per le “zone franche urbane sisma centro Italia” (ad oggi per il 2019 e 2020 ) come un intervento strutturale; anzi tali misure potrebbero costituire una “droga” all’economia locale che tornerà a crollare nel momento in cui verranno meno.
E’ necessario pensare da subito a interventi che creino le condizioni per cui aprire un’attività significa garantire che sia economicamente sostenibile, o se invece non lo sia, fare in modo che vi siano adeguate forme di sostegno.
Per arginare l’ineluttabile spopolamento e conseguente invecchiamento, la politica dovrebbe fornire infrastrutture e servizi per convincere nuovi operatori economici che nelle aree interne si vive bene, con meno soldi, disponendo di tutti i servizi pubblici necessari all’attività economica. Siccome la parola “infrastrutture” è un contenitore indistinto, è la politica, attraverso le politiche di sviluppo e con il concorso delle forze imprenditoriali, che deve individuare le strade per assicurare un micro sviluppo di qualità.
A titolo di esempio, la sperimentazione in atto del nuovo standard di comunicazione mobile “5G” in diversi comuni della Provincia di Rieti potrebbe essere una occasione da cogliere al volo, perché l’adozione di questa tecnologia sia supportata, a partire dalla sanità e dalla pubblica amministrazione, sviluppando sul territorio contenuti e servizi innovativi o anche sperimentali.
Per tali finalità, secondo NOME Officina Politica è necessario che la Regione Lazio avvii una riflessione operativa, estesa a tutte le aree dell’Appennino laziale, in un dialogo con le Province di Viterbo, Rieti e Frosinone, per elaborare un comune progetto di sviluppo almeno per i prossimi 10/15 anni, in modo da recuperare le aree dell’Appennino, che costituiscono la “spina dorsale” del Paese ad una dignità socio-economica che vada oltre il mero aspetto geomorfologico.