Rieti è una città medievale e vanta uno dei centri storici più belli del Lazio. Potrebbe essere un volano per il turismo e un vanto per la cultura nazionale. Ma non è né l’uno né l’altro. I motivi sono di molteplice natura. Il primo: la mancanza di consapevolezza di queste caratteristiche da parte della stragrande maggioranza della popolazione. La sua rocca, di origine preromana, vanta una cattedrale di tutto rispetto, un complesso vescovile che fu sede anche di Papi ancora intatto, dei palazzi rinascimentali degni di questo nome ancora ben conservati, una piazza centrale adeguata, il teatro Vespasiano che è un vero gioiello dell’architettura ottocentesca progettato dallo stesso architetto del teatro dell’opera di Roma, è inoltre circondata da mura medievali costruite nel tredicesimo secolo che hanno ben resistito all’usura del tempo, malgrado alcuni scempi perpetrati durante tutto il secolo scorso. Tutte bellezze architettoniche che giustificano un percorso turistico e che rendono attrattivo il suo insieme. Ma i reatini sembrano non accorgersene, lo si capisce dal come si curano della sua pulizia e dalla trascuratezza di alcuni luoghi, vedasi a mo’ di esempio il giardino dell’Atrica, come viene chiamato il giardino del palazzo Vincentini, oggi sede della Prefettura, situato sotto la splendida balconata del Vignola, l’unico giardino all’italiana di marca rinascimentale della città, ridotto in uno stato pietoso. Di queste cose il potere pubblico non si occupa anche se ogni cinque anni il rito delle elezioni comunali ci costringe ad ascoltare le solite promesse.
Ma il bubbone più grosso del centro storico è il suo traffico. Da decenni gli amministratori comunali si esercitano in una zuffa paesana nel tentativo di accaparrarsi i voti dei pochi abitanti che ci sono rimasti ad abitarvi, perché dagli anni ‘60 in poi una scellerata politica al servizio della speculazione edilizia ha indirizzato lo sviluppo della città in periferia, e di catturare i voti dei commercianti.
Tutte le città vicine hanno risolto il problema del centro storico con la chiusura al traffico delle autovetture nell’intero perimetro dentro le mura. Quella decisione ha avuto come conseguenza due effetti: rendere il centro storico fruibile ai pedoni e aumentare il volume degli affari dei commercianti. Andate a vedere e controllate se non ci credete, io l’ho fatto.
I commercianti di Rieti sono invece convinti che la chiusura del centro storico al traffico delle autovetture li danneggi. I pochi abitanti che ancora vi risiedono temono invece di perdere il privilegio di prendere la macchina anche per andare al “cesso”, come si suol dire.
Gli amministratori comunali, sempre a caccia di consensi, non riuscendo a prendere l’unica decisione logica e risolutiva della chiusura, corrono dietro ai “clientes” del momento. Ne è risultata nel tempo una sequenza di provvedimenti di chiusura parziale legata alle pressioni di coloro che in quel momento erano elettori del sindaco o dell’assessore al traffico. In parole povere le esigenze dei privati hanno avuto il sopravvento su quelle della collettività.
In questi giorni si sta ripetendolo lo stesso rito. Lo sconfitto assessore Ubertini, agguantato il potere cinque anni fa, aveva perpetuato il rito nella convinzione che la città dovesse essere addirittura percorsa in bicicletta, ditemi voi se il centro storico di Rieti è fatto per la bicicletta!? E’ stato talmente sprovveduto che qualche suo provvedimento extraurbano gli è costato la mancata rielezione! Il nuovo sindaco ed il nuovo assessore, eletti a primavera scorsa, non potevano essere da meno. Così la polemica riempie ancora una volta le cronache dei mass media. E non poteva essere altrimenti perché fu proprio Cicchetti nel 1994 a trarre vantaggio elettorale dai commercianti del centro storico, Lui che del centro storico era uno di loro con negozio in via Roma! E così la danza continua, mentre il centro storico muore tra un fiume di parole e di polemiche.