In balìa delle onde. L’unica maniera per descrivere l’ASL di Rieti, un unico ospedale nella provincia, prima Azienda per numero di occupati, nave abbandonata senza una rotta, con comandanti e vice che si accavallano senza soluzione di continuità.
A 14 mesi dalla nomina di Marinella d’Innocenzo (da marzo 2017 prima come Commissario poi come Direttore Generale), contiamo ad oggi l’avvicendarsi di 3 direttori diversi sanitari: Paolo Anibaldi (da Aprile 2017 a Febbraio 2018) , Velia Bruno (da Febbraio 2018 a Maggio 2018), Rita Le Donne (da Maggio a… quando?).
Un ospedale che – vedasi le ultime mobilità e relative sostituzioni – diventa un taxi per i primari e per i medici non reatini che ci lavorano. Continua – incentivata dalla apertura dei bandi di mobilità – la fuoriuscita di bravi medici rispetto ai quali questo territorio non riesce ad essere attrattivo, valorizzandone la professionalità e rendendoli protagonisti di eccellenze sanitarie locali, che ci sono e ci sono state. Un ospedale legato, nella operatività quotidiana, ad un personale sottodimensionato, mentre persiste da anni il balletto per il rinnovo di 260 lavoratori interinali (ma quanto costano in più rispetto a personale assunto?) e si persegue nella esternalizzazione di servizi.
Il tasso di migrazione verso Roma, Terni e oltre è il più alto di sempre, mentre la Regione, avviluppata nelle difficoltà di equilibrismi per tenere in piedi una maggioranza politica risicata (ah, ci sono reatini contenti di tale situazione!!) temiamo non saprà neanche stavolta disegnare una visione complessiva sul livello dei servizi sanitari delle aree interne. Il decreto di riconoscimento di Rieti come zona disagiata, al pari di Monterotondo(sic!), che scioglierebbe in un sol colpo il groviglio di nodi accumulatosi negli anni, è sempre al palo, non sono bastati un terremoto fisico e la frana nei servizi sanitari in corso da anni.
Come ciliegina sulla torta, oggi, ci giungono voci circa possibili imminenti dimissioni da parte della d’Innocenzo. La stampa riporta lotte interne, lettere minatorie, tutte questioni che lasciano smarriti i cittadini nell’assenza sostanziale della politica regionale, con Refrigeri che nell’appoggiare l’operato della d’Innocenzo va “fuori tema”, citando Magliano, Poggio Mirteto, sant’Elpidio (!) mentre il cuore della vicenda è l’ospedale dè Lellis, l’unico rimasto nella provincia di Rieti, e le questioni “vere” sono ben altre.
Silente la politica locale, focalizzata su questioni elevate quali lo spostamento della fiera in via Liberato. Tirano peraltro un sospiro di sollievo coloro che, per assenza di argomenti da porre, vedono in questa vicenda una occasione per spostare un po’ più in là una discussione definitiva sul parcheggio del de’ Lellis, e soprattutto una azione concreta sull’ipotesi di un nuovo ospedale.
Alla Regione, al presidente Zingaretti, a tutto il consiglio regionale, un appello, l’ennesimo.
Per i prossimi 4 anni, siate in grado di assicurare all’Azienda Sanitaria di Rieti una scelta di lungo periodo, identificando – nella d’Innocenzo o altri, ma non fate scherzi con “commissariamenti”!! – un serio manager che sappia valorizzare le risorse interne, si agisca in maniera decisa fornendo al manager strumenti e sostegno adeguato, e restituendo all’organico ospedaliero almeno una parte delle risorse umane che si sono perse in anni di blocco del turn over.
Si faccia il decreto per il riconoscimento di Rieti quale zona disagiata, si cerchi di investire nella sanità reatina portando eccellenze e tecnologia d’avanguardia, in grado di attrarre pazienti dal resto del paese e diventi così a anche una risorsa economica per la città. Come abbiamo con dovizia di particolari illustrato in un nostro convegno organizzato in sala consiliare lo scorso 10 Febbraio, altre città in altre regioni lo hanno già fatto. Si cominci con il pensare e realizzare un nuovo ospedale ad alta intensità di cure, anziché sperperare gli 80 milioni stanziati in mille rivoli inutili.